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Rottamazione quater: al via la nuova definizione agevolata

Agenzia Riscossione ha pubblicato sul proprio sito istituzionale le modalità e il servizio per presentare la domanda di adesione al provvedimento introdotto dalla Legge di bilancio 2023. La richiesta deve essere trasmessa in via telematica entro il 30 aprile 2023 (Agenzia delle entrate – Riscossione, comunicato 20 gennaio 2023).

La Legge di bilancio 2023, all’articolo 1, commi 231 – 252, ha previsto una definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022 (cd. “Rottamazione quater”) anche se già oggetto di precedenti misure agevolative.

 

Chi aderisce alla definizione agevolata potrà versare solo l’importo dovuto a titolo di capitale e quello dovuto a titolo di rimborso spese per le eventuali procedure esecutive e per i diritti di notifica. Non saranno invece da corrispondere le somme dovute a titolo di sanzioni, interessi iscritti a ruolo, interessi di mora e aggio (quest’ultimo, rappresenta una novità rispetto alle precedenti definizioni agevolate). Per quanto riguarda i debiti relativi alle multe stradali o ad altre sanzioni amministrative (diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi contributivi), l’accesso alla misura agevolativa prevede, invece, che non siano da corrispondere le somme dovute a titolo di interessi (comunque denominati, comprese pertanto le c.d. “maggiorazioni”), nonché quelle dovute a titolo di aggio.

 

Oltre alle modalità e al servizio per la presentazione della domanda di adesione, Agenzia delle entrate-Riscossione ha pubblicato sul proprio portale anche le risposte alle domande più frequenti (FAQ) sulla nuova definizione agevolata.

 

Viene precisato innanzitutto l’ambito applicativo della misura, ovvero quali sono i debiti che rientrano nella definizione agevolata, e cioè quelli:

– contenuti in cartelle non ancora notificate;

– interessati da provvedimenti di rateizzazione o di sospensione;

– già oggetto di una precedente “Rottamazione” anche se decaduta per il mancato, tardivo, insufficiente versamento di una delle rate del relativo precedente piano di pagamento.

I carichi affidati dalle casse/enti previdenziali di diritto privato rientrano nella “Rottamazione-quater” solo se l’ente, entro il 31 gennaio 2023, provvede a:

– adottare uno specifico provvedimento;

– trasmetterlo, sempre entro la stessa data, ad Agenzia delle entrate-Riscossione;

– pubblicarlo sul proprio sito internet.

 

Il debitore che intende avvalersi della definizione agevolata in oggetto deve manifestarne la volontà presentando, entro il 30 aprile 2023, apposita dichiarazione di adesione, con le modalità, esclusivamente telematiche, definite da Agenzia delle entrate-Riscossione.

Sono previste due modalità alternative per presentare la domanda:

 

1) in area riservata, con le credenziali SPID, CIE e Carta Nazionale dei Servizi, indicando le cartelle/avvisi per i quali si intende beneficiare delle misure introdotte dalla definizione agevolata;

2) in area pubblica compilando un apposito form in ogni sua parte e allegando la documentazione di riconoscimento. Sarà necessario specificare l’indirizzo e-mail, per ottenere la ricevuta della domanda di adesione.

 

Analogamente alla cd. rottamazione-ter, il comma 236 dell’articolo 1 della Legge di bilancio 2023 prevede che, nella predetta dichiarazione di adesione, il debitore indichi l’eventuale pendenza di giudizi aventi ad oggetto i carichi in essa ricompresi e assuma l’impegno a rinunciare ad eventuali giudizi pendenti relativi ai carichi che intende definire. Deve essere anche indicato il numero di rate prescelto per l’eventuale pagamento dilazionato.

 

Infatti, è prevista la possibilità di pagare l’importo dovuto a titolo di definizione agevolata sia in un’unica soluzione, entro il 31 luglio 2023, oppure, in un numero massimo di 18 rate (5 anni) consecutive, di cui le prime due con scadenza il 31 luglio e il 30 novembre 2023. Le restanti 16 rate, ripartite nei successivi 4 anni, andranno saldate entro il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2024. La prima e la seconda rata saranno pari al 10% delle somme complessivamente dovute a titolo di definizione agevolata, le restanti rate invece saranno, tra loro, di pari importo. Il pagamento rateizzato prevede l’applicazione degli interessi al tasso del 2% annuo, a decorrere dal 1° agosto 2023.

 

In caso di omesso ovvero insufficiente o tardivo versamento, superiore a 5 giorni, dell’unica rata ovvero di una di quelle in cui è stato dilazionato il pagamento, la definizione agevolata risulterà inefficace e i versamenti effettuati saranno considerati a titolo di acconto dell’importo complessivamente dovuto.

 

I pagamenti dovranno avvenire secondo le date di scadenza riportate sulla “Comunicazione delle somme dovute” che Agenzia delle entrate-Riscossione invierà entro il 30 giugno 2023 unitamente ai moduli di pagamento. Entro la medesima data, l’Agenzia deve comunicare anche l’eventuale diniego, con l’evidenza delle motivazioni per le quali non è stata accolta la richiesta di definizione agevolata. 

Credito d’imposta per investimenti in beni strumentali: la risposta dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate indaga la possibilità di beneficiare del credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi con particolare riferimento all’ipotesi di beni acquistati nell’ambito di un appalto pubblico, avente oggetto il servizio di ristorazione a favore di Aziende Sanitarie Locali (Agenzia delle Entrate, Risposta a istanza di interpello n. 134/2023).

Il quesito viene posto da una società che opera nel settore della ristorazione collettiva e gestisce i servizi di mensa, erogando le proprie prestazioni, il più delle volte, nell’ambito di appalti pubblici, concessioni e contratti similari sottoscritti con le Amministrazioni Pubbliche, a seguito dell’aggiudicazione delle relative procedure. Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, chiede di ottenere chiarimenti in merito alla corretta interpretazione della norma (art. 1, co. 187, Legge n. 160/2019 e art. 1, co. 1053, Legge n. 178/2020) che esclude dalla fruizione del credito d’imposta 4.0 (art. 1, co. 184-197, Legge n. 160/2019 e art. 1, co. 1051-1063, Legge n. 178/2020), i “beni gratuitamente devolvibili delle imprese operanti in concessione e a tariffa nei settori dell’energia, dell’acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento dei rifiuti”, con particolare riferimento all’ipotesi di beni acquistati nell’ambito di un appalto pubblico, avente ad oggetto il servizio di ristorazione a favore di Aziende Sanitarie Locali.

Nel caso trattato, si fa riferimento a beni in parte destinati a permanere nella titolarità e nella disponibilità della Società al termine del contratto, in altra parte sottoposti a vincolo di devoluzione finale all’Ente.

A seguito dell’aggiudicazione della gara, la società ha sottoscritto una convenzione con l’Agenzia Regionale per regolare le modalità di erogazione delle prestazioni nei rapporti con le Amministrazioni contraenti e le singole Aziende Sanitarie, secondo quanto disposto dalla documentazione di gara, dotandosi degli impianti, delle attrezzature e dei macchinari da impiegare ai fini dell’espletamento delle prestazioni, da destinare per una parte alle singole Aziende Sanitarie – con l’impegno di garantirne la manutenzione ordinaria e straordinaria – dall’altra come beni acquistati dalla Società sulla base del piano di investimenti proposto. La dotazione è stata dettagliatamente indicata nell’offerta tecnica presentata dalla Società, contenente la proposta degli investimenti da porre in essere, le sostituzioni, i reintegri dei beni consegnati dalle Aziende Sanitarie, e le nuove dotazioni. Alcuni dei beni oggetto di investimento da parte dell’Istante possiedono i requisiti tecnici richiesti ai fini del riconoscimento del credito d’imposta 4.0.

Alla luce di tutte le argomentazioni esposte alla Società, la stessa ritiene che l’esclusione dall’agevolazione 4.0 non sia suscettibile di operare nella fattispecie e che intende procedere con la quantificazione del credito di imposta 4.0 con specifico riferimento ai beni rappresentativi dei nuovi investimenti previsti o necessari in corso d’opera (fermo restando l’obbligo di riversamento dell’agevolazione fruita nell’ipotesi in cui tali beni dovessero essere ceduti prima del periodo biennale di sorveglianza normativamente previsto), e ai beni che costituiscono sostituzioni, reintegri e/o migliorie delle strumentazioni fornite dall’Azienda Sanitaria contraente, che al contrario sono sottoposti all’obbligo di restituzione al termine del contratto a favore dell’Ente, limitatamente al periodo che intercorre fra il sostenimento dell’investimento e l’atto di  assegnazione finale a conclusione del contratto (fermo restando l’obbligo di riversamento dell’agevolazione fruita nell’ipotesi in cui la data di devoluzione ricada nel periodo biennale di sorveglianza normativamente previsto).

Dopo un’attenta disamina della soluzione interpretativa prospettata dal contribuente, l’Agenzia rileva che l’art. 1, co. 187, della Legge di bilancio 2020 e l’art. 1, co. 1053, della Legge di bilancio 2021, diversamente dalle analoghe misure agevolative per gli investimenti in beni strumentali disciplinate dalle precedenti leggi di bilancio, hanno previsto l’espressa esclusione dall’ambito oggettivo dell’agevolazione dei ”beni gratuitamente devolvibili delle imprese operanti in concessione e a tariffa nei settori dell’energia, dell’acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento dei rifiuti”. Con tale previsione, il legislatore ha evidentemente inteso escludere dalle nuove misure sovvenzionali gli investimenti la cui realizzazione costituisca adempimento dei precisi obblighi assunti dalle imprese che operano nell’ambito della gestione in concessione di attività regolate, trattandosi di investimenti remunerati, che trovano diretta corrispondenza nel piano economico finanziario del contratto di concessione e nella determinazione della tariffa. Pertanto l’Agenzia, conformemente a quanto proposto dalla Società, concorda con la tesi secondo la quale tale specifica esclusione non opera nella fattispecie concreta in quanto non sono presenti alcuni dei presupposti oggettivi previsti dalla norma, l’interpellante infatti non opera nei settori individuati puntualmente dalla disposizione e il contratto stipulato dalla Società con l’Agenzia Regionale si qualifica alla stregua di un contratto di appalto.

Per determinare le condizioni di sussistenza o meno dei presupposti per fruire dell’agevolazione, l’Agenzia ritiene opportune alcune considerazioni sulla natura dei beni stessi e quanto disposto nel capitolato tecnico di gara. In ragione di ciò, opera una distinzione tra gli investimenti in beni destinati a permanere nella titolarità e nella disponibilità della Società anche dopo la conclusione del contratto, sui quali l’Istante può esercitare gli ordinari diritti di disposizione, e gli investimenti relativi a beni messi a disposizione dalle ASL e per i quali sussiste l’obbligo di restituzione al termine del contratto.

 

Ciò posto, fermo restando che la risposta dell’Agenzia non implica la sussistenza di tutti i presupposti previsti dalla legge ai fini dell’ammissibilità al beneficio degli specifici investimenti da realizzare, in linea di principio, i beni previsti nell’Offerta Tecnica, destinati a permanere nella titolarità e nella disponibilità della Società anche dopo la conclusione del contratto, possono essere ammessi al beneficio, al ricorrere delle ulteriori relative condizioni.

 

Diversamente, i beni che costituiscono sostituzioni, reintegri e/o migliorie delle strumentazioni fornite dall’Azienda Sanitaria contraente devono ritenersi esclusi dal credito d’imposta, in ragione del fatto che i costi ad essi relativi sono sostenuti dalla Società in virtù di un preciso obbligo che scaturisce dal contratto di appalto stipulato con l’ente pubblico collegato allo svolgimento delle attività di manutenzione e reintegro dei beni di proprietà dell’ente.

Deducibilità dei costi delle auto aziendali: i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate fornisce risposta in merito ai costi deducibili per l’acquisto di auto aziendali (Agenzia delle Entrate, Risposta a istanza di interpello del 20 gennaio 2023, n. 107)

L’istanza di interpello in oggetto riguarda un quesito posto da una società controllante che sta valutando la possibilità di acquisire direttamente tutte le autovetture utilizzate dal Gruppo intestandosi direttamente le autovetture oppure intestandosi i relativi contratti di leasing o di noleggio, per metterle a disposizione delle società controllate, sia nel caso di utilizzo completamente aziendale, sia nel caso di utilizzo promiscuo, con assegnazione ai dipendenti delle società controllate per il loro uso personale. La Società ci tiene a precisare che il servizio di messa a disposizione delle auto a favore delle società controllate sarebbe regolato contrattualmente fra le parti e verrebbe fatturato alle società al puro costo, senza maggiorazione, addebitando ad esse gli importi spesi e la relativa IVA in situazione di assoluta neutralità fiscale.

ll quesito posto all’Amministrazione finanziaria riguarda la detraibilità dell’IVA e la deducibilità dei costi o se, invece, debba applicare le limitazioni previste, rispettivamente, dall’art. 19bis 1 del DPR n. 633 del 1972 e dall’art. 164 del TUIR.

Nel fornire chiarimenti l’Agenzia delle Entrate richiama il quadro normativo di riferimento e precisa che il Testo Unico delle imposte sui redditi (art. 164, co. 1), prevede una deduzione integrale o parziale delle spese relative all’utilizzo dei mezzi di trasporto a motore, a seconda che gli stessi vengano utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell’attività propria dell’impresa ovvero con un utilizzo non esclusivo, per la deduzione parziale.

L’utilizzo esclusivo come beni strumentali nell’attività propria dell’impresa riguarda i veicoli senza i quali l’attività stessa non può essere esercitata come, ad esempio, le autovetture nel caso di attività di noleggio delle stesse, gli aeromobili da turismo e le imbarcazioni da diporto utilizzati dalle scuole per l’addestramento al volo e alla navigazione. 

Nel caso in esame, le autovetture sono acquistate non per essere utilizzate quali beni strumentali dell’attività della capogruppo, bensì allo scopo di essere messe a disposizione delle società controllate. In altri termini, trattandosi di costi sostenuti, ma integralmente riaddebitati, per la messa a disposizione delle autovetture alle controllate, l’Agenzia ritiene corretto affermare che tali costi risulteranno deducibili senza le limitazioni previste nell’art. 164 del TUIR (norma invece applicabile nei confronti delle società controllate per le quali le autovetture loro assegnate dalla capogruppo costituiscono beni strumentali per l’esercizio dell’attività di impresa), bensì secondo la regola generale (art. 109, co. 5 del TUIR), in base alla quale le spese sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi.

Con riguardo al quesito formulato ai fini IVA, l’Agenzia precisa che l’importo da assumere a riferimento per calcolare l’ammontare detraibile è il 100% dell’imposta addebitata. Ciò in considerazione del fatto che si ritiene che la Società faccia un ”utilizzo esclusivo” delle autovetture nell’esercizio d’impresa, addebitando a sua volta l’IVA (assolta a monte) per effetto della prestazione di un servizio a titolo oneroso di messa a disposizione delle auto a favore delle società controllate. A parere dell’Agenzia quindi, è possibile la detrazione integrale dell’imposta assolta sulle spese relative alle autovetture, sempreché non sussistano limitazioni all’esercizio del diritto alla detrazione derivanti dall’effettuazione di operazioni esenti da IVA o non soggette all’imposta.

Le limitazioni (art. 19-bis, D.P.R. n. 633/1972) si renderanno applicabili, invece, alle spese afferenti ai veicoli per l’eventuale uso anche privato, nel caso di utilizzo da parte della società che ha posto il quesito.

Tassazione in Italia del reddito svolto in smart working da lavoratore italiano residente all’estero

L’Agenzia delle Entrate fornisce risposta in merito alla tassazione in Italia dei redditi da lavoro dipendente a fronte delle prestazioni, rese in modalità smart working in Italia, da un lavoratore italiano residente all’estero (Agenzia delle Entrate, Risposta a istanza di interpello 19 gennaio 2023, n. 99).

L’istanza di interpello specificata in oggetto riguarda un contribuente che svolge un’attività di lavoro dipendente presso una società cinese. Risultando residente in Cina ha ottenuto la cancellazione dalle anagrafi della popolazione residente in Italia con la conseguente iscrizione all’AIRE. Il contribuente chiede se dovrà presentare la dichiarazione dei redditi, relativi all’anno 2020, solo in Cina, stato di residenza del lavoratore, in quanto nella stessa annualità il suddetto contribuente ha percepito esclusivamente redditi da lavoro dipendente prestato all’estero. La particolarità del caso consiste nel fatto che nei primi mesi del 2020 il lavoratore è rientrato per un breve soggiorno in Italia ma, a causa dell’emergenza COVID19, gli è stato impossibile rientrare presso la sua residenza in Cina, per via del blocco dei visti a tutti i cittadini stranieri anche se residenti. Per questo motivo ha continuato a lavorare dall’Italia in modalità smart working per la società cinese, mantenendo la residenza a Shangai. Il lavoratore segnala altresì che, in conseguenza dell’emergenza COVID19, nel 2020 sono stati registrati meno di 183 giorni di permanenza all’estero, lo precisa in quanto per periodi inferiori ai 183 giorni di permanenza all’estero la normativa interna italiana prevede che le imposte sui redditi siano pagate dal nostro Paese.

 

Per i motivi esposti, si chiede se, per l’anno 2020, i redditi di lavoro dipendente in esame debbano essere assoggettati ad imposizione in Italia o in Cina, e come eventualmente debbano essere riportati nella dichiarazione. 

 

In risposta al primo quesito, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che i redditi derivanti da una attività lavorativa svolta in smart working nei confronti di una società cinese vanno tassati in Italia, non potendo trovare applicazione il principio di tassazione esclusiva nello Stato di residenza, in considerazione del soggiorno in Italia per un periodo superiore a 183 giorni. Rileva dunque che il lavoratore dovrà riportare nella dichiarazione dei redditi da presentare in Italia i redditi di lavoro dipendente percepiti nell’anno di riferimento e determinati in base alle disposizioni contenute negli artt. 24 e 51, co. 1-8, del TUIR.

 

In merito all’individuazione della residenza per il periodo 2020, l’Agenzia assume acriticamente che la persona risulti residente in Cina per il 2020, e richiama i criteri individuati dall’art. 2 del TUIR, applicabili in assenza di una disposizione normativa che tenga conto dell’emergenza COVID. La norma stabilisce che si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.

Sul piano del diritto convenzionale richiama invece l’articolo 4 del Trattato con la Cina che stabilisce le cosiddette tie breaker rules per dirimere eventuali conflitti di residenza tra gli Stati contraenti. Dette regole fanno prevalere il criterio dell’abitazione permanente cui seguono, in ordine gerarchico, il centro degli interessi vitali, il soggiorno abituale e la nazionalità. Il ricorso ai criteri delle tie breaker rules presuppone comunque un conflitto tra le normative interne dei due Stati sulla residenza del contribuente.

Nel caso specifico, si potrà accertare la residenza del lavoratore solo nell’ipotesi in cui le competenti Autorità tributarie cinesi ritengano il contribuente residente in Cina nel 2020, in base alla normativa interna di Stato.

L’Agenzia conclude quindi che una persona iscritta all’AIRE che rientra in Italia unicamente a seguito dell’emergenza Covid è considerata fiscalmente residente in Italia secondo le disposizioni interne se risulta avere il domicilio nel nostro Paese per la maggior parte del periodo d’imposta. Se dovesse verificarsi un conflitto di residenza con lo Stato estero, quest’ultimo dovrebbe essere risolto facendo ricorso ai criteri convenzionali, che stabiliscono i requisiti per determinare il luogo del soggiorno abituale.

Se in sede di accertamento viene contestata la residenza fiscale in Italia nel 2020, la stessa dovrebbe essere appurata non soltanto in virtù degli elementi richiesti dalla vigente normativa interna italiana (articolo 2, comma 2, del TUIR) quanto sulla base dei criteri stabiliti nella Convenzione tra l’Italia e la Cina, valorizzando i fatti e le circostanze specifiche (come, ad esempio, la disponibilità di un’abitazione permanente in Cina, l’assenza di familiari in Italia, le sue relazioni personali ed economiche).

Adeguamento dei registratori di cassa telematici alla lotteria degli scontrini istantanea 2023

La lotteria degli scontrini diventa istantanea nel 2023 e per consentire l’adeguamento dei registratori di cassa degli esercenti, l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato specifiche tecniche e ha precisato che ci sarà tempo fino al 2 ottobre 2023 per mettersi in regola (Agenzia delle Entrate, Provvedimento del 18 gennaio 2023, n. 15943).

L’Agenzia delle Entrate adegua il processo di riconoscimento della conformità dei Registratori Telematici affinché sia possibile, per i produttori, dichiarare fino al 2 ottobre 2023, la conformità dei modelli già approvati alle nuove disposizioni sulla trasmissione dei dati per la lotteria istantanea, ai fini di un più rapido adeguamento dei dispositivi presenti sul mercato. Con il presente provvedimento l’Agenzia approva anche le specifiche tecniche della lotteria istantanea per l’adeguamento tecnico dei dispositivi di memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri.

 

L’Agenzia precisa che gli aggiornamenti dei modelli dei dispositivi dovranno realizzarsi entro il 2 ottobre 2023, al fine di generare il codice bidimensionale da riportare nel documento commerciale, valido per la partecipazione alla lotteria istantanea. Il “codice bidimensionale”, le cui caratteristiche sono stabilite nelle specifiche tecniche, sarà emesso nello scontrino che viene rilasciato a seguito dell’acquisto e potrà essere utilizzato per la verifica in breve tempo dei biglietti vincenti.

 

Il provvedimento n. 15943/2023 modifica, in sintesi, i provvedimenti nn. 182017/2016 che stabilisce le caratteristiche obbligatorie dei registratori di cassa per la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi al Fisco, e n. 739122/2019 che regolamenta l’adattamento tecnico dei registratori telematici per consentire la partecipazione alla lotteria degli scontrini. I nuovi dettagli sono necessari per garantire entro il 2 ottobre 2023 la conformità dei registratori telematici e dei server RT.

Sono pertanto approvate anche le nuove specifiche tecniche “Specifiche tecniche RT – Versione 11” che devono essere rispettate obbligatoriamente dai nuovi modelli di Registratore Telematico e di ServerRT che presentano istanza di approvazione dopo il 30 giugno 2023, mentre per i modelli già approvati devono essere rispettate obbligatoriamente solo nel caso di presentazione di istanza di variante, successivamente al 30 giugno 2023. 

In Gazzetta la legge di conversione del Decreto Aiuti quater

Il Decreto Aiuti quater è legge: pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 17 gennaio 2023 ed entrata in vigore il giorno successivo, la legge di conversione con modifiche (Legge 13 gennaio 2023, n. 6).

Il D.L. n. 176/2022 (cd. Decreto Aiuti quater), recante misure urgenti di sostegno nel settore energetico e di finanza pubblica, è stato convertito in legge con alcune modifiche.

 

Nel settore energetico, viene prorogato dal 30 giugno al 30 settembre 2023 il termine ultimo per l’utilizzo dei bonus energetici riconosciuti alle imprese per gli acquisti di energia elettrica e di gas naturale effettuati nel mese di dicembre 2022. Analogamente, fissato al 30 settembre 2023 anche il termine per l’utilizzo dei crediti relativi al terzo trimestre 2022 e ai mesi di ottobre e novembre 2022.

 

L’articolo 2 bis, di nuova introduzione, fa slittare dal 31 marzo al 30 giugno 2023 i termini per l’utilizzo, in capo a beneficiari e cessionari, del credito d’imposta relativo alle spese sostenute nel quarto trimestre del 2022 (ottobre, novembre e dicembre) per l’acquisto di carburanti alle imprese esercenti attività agricola e della pesca.

 

L’articolo 2, come modificato, proroga la più volte disposta riduzione delle aliquote di accisa applicabili ad alcuni prodotti energetici.

 

Introdotto anche l’articolo 3 bis, con misure di sostegno per fronteggiare i costi dell’energia e incremento dei relativi fondi in precedenza istituiti. Autorizzata la spesa di 350 milioni di euro per l’anno 2022 per contenere le conseguenze derivanti agli utenti finali dagli aumenti dei prezzi del settore del gas naturale.

 

Al fine di promuovere il passaggio di aziende a combustibili alternativi, l’articolo 4 bis stabilisce che, esclusivamente fino al 31 marzo 2024, la sostituzione del gas naturale con combustibili alternativi, compreso il combustibile solido secondario, e le relative modifiche tecnico-impiantistiche ai fini del soddisfacimento del fabbisogno energetico degli impianti industriali, sono da qualificarsi come modifiche non sostanziali.

 

Nell’ambito del settore cinematografico, il nuovo articolo 11 bis disciplina la responsabilità dei cessionari, modificando l’articolo 21, comma 4, della Legge n. 220/2016. Pertanto, in tema di cessione di crediti d’imposta, si stabilisce che i cessionari rispondono solo per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto all’importo ricevuto. Il recupero dell’importo corrispondente al credito d’imposta indebitamente utilizzato è effettuato nei confronti del soggetto beneficiario, ferma restando, in presenza di concorso nella violazione, oltre all’applicazione dell’articolo 9 del D.Lgs. n. 472/1997, anche la responsabilità in solido del cessionario.

 

Previste anche misure per il rilancio della competitività delle imprese italiane e di rafforzamento del sistema delle start-up innovative (art. 14 bis).

Fringe benefit, stock option e adempimenti fiscali dell’INPS: invio dei dati entro il 21 febbraio 2023

I datori di lavoro che hanno erogato fringe benefit o stock option al personale cessato nel corso del 2022 devono trasmettere i relativi dati all’INPS quale sostituto d’imposta per gli adempimenti fiscali (INPS, messaggio 16 gennaio 2023, n. 263).

L’INPS fornisce indicazioni in merito alle tempistiche che i datori di lavoro devono rispettare nella trasmissione all’Istituto dei dati relativi ai compensi erogati a titolo di fringe benefit e di stock option al personale cessato dal servizio nel corso dell’anno 2022.

 

Infatti, agendo in qualità di sostituto d’imposta, l’Istituto è tenuto a trasmettere telematicamente all’Amministrazione finanziaria i flussi delle Certificazioni Uniche, ai fini della dichiarazione precompilata dei redditi dei contribuenti, e deve effettuare il conguaglio fiscale di fine anno.

 

Si ricorda che, in materia di reddito di lavoro dipendente, discende direttamente dal TUIR (art. 51, co. 1) il cosiddetto “principio di onnicomprensività” che comporta l’assoggettamento a tassazione di tutto ciò che il lavoratore dipendente riceve in relazione al rapporto di lavoro, fatte salve le eccezioni ivi previste.

 

L’ampia definizione legislativa ricomprende, oltre alla retribuzione corrisposta in denaro, anche quei vantaggi accessori, quali i fringe benefit e le stock option, che i lavoratori subordinati possono conseguire come integrazione della retribuzione. 

 

In base al cosiddetto principio di cassa allargato, si considerano percepiti nel periodo di imposta anche le somme e i valori corrisposti entro il 12 gennaio del periodo di imposta successivo a quello cui si riferiscono.

 

Pertanto, al fine di consentire all’Istituto di eseguire tempestivamente gli adempimenti ai quali è tenuto in qualità di sostituto d’imposta, i datori di lavoro interessati dovranno inviare, entro e non oltre il 21 febbraio 2023, i dati relativi ai compensi per fringe benefit e stock option erogati nel corso del periodo di imposta 2022 al personale cessato dal servizio durante l’anno 2022. 

 

L’INPS avverte che i flussi che perverranno tardivamente rispetto alle tempistiche sopra descritte non potranno essere oggetto di conguaglio fiscale di fine anno ma, tuttavia, saranno oggetto di rettifiche delle Certificazioni Uniche, nelle quali sarà espressamente indicato al contribuente, nelle annotazioni, l’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi.

 

La trasmissione dei dati dovrà avvenire in modalità esclusivamente telematica utilizzando l’applicazione “Comunicazione Benefit Aziendali”, disponibile sul sito istituzionale seguendo il percorso “Prestazioni e servizi” > “Prestazioni” > “Accesso ai servizi per aziende e consulenti”.

 

Selezionando un apposito collegamento ipertestuale (“Comunicazione Benefit Aziendali”), si apre un pannello che consente di scegliere fra le seguenti opzioni: acquisizione di una singola comunicazione; gestione di una singola comunicazione acquisita in precedenza; invio di un file predisposto in base a criteri predefiniti;
ricezione tramite download di software per predisporre e controllare il formato dei dati contenuti nei file che i datori di lavoro intendono inviare; visualizzazione del manuale di istruzioni.

 

Definizione agevolata avvisi bonari: le istruzioni sulla misura prevista dalla legge di Bilancio 2023

Dall’Agenzia delle Entrate i chiarimenti, con esempi di calcolo, sulla misura prevista dalla legge di Bilancio 2023 (art.1 co. 153-159) per i contribuenti che intendono beneficiare della definizione agevolata degli avvisi bonari (Circolare n. 1/E del 13 gennaio 2023).

Con circolare del 13 gennaio 2023, n. 1, l’Agenzia delle Entrate fornisce i chiarimenti ai contribuenti che intendono avvalersi della possibilità di definire in modo agevolato le somme dovute a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni, riducendo gli oneri a loro carico ed estendendo l’ampiezza dei piani di rateazione relativi a debiti di importo ridotto. Tale misura è stata introdotta dalla Legge di bilancio 2023 (L. n. 197/2022, co. 153-159) come misura di supporto nell’attuale situazione economica caratterizzata dagli effetti della pandemia e dell’aumento dei prezzi dei prodotti energetici. 

 

Nella circolare citata l’Agenzia chiarisce subito il perimetro della misura, che si applica alle comunicazioni che riguardano le dichiarazioni relative agli anni 2019, 2020 e 2021 e illustra, inoltre, anche con concreti esempi di calcolo, le altre possibilità offerte dalla norma, ossia la definizione agevolata delle rateazioni in corso al 1° gennaio 2023 e l’estensione da 8 a 20 rate trimestrali dei piani di rateazione dei debiti emergenti dal controllo delle dichiarazioni.

Per gli esiti già trasmessi ai contribuenti, l’Agenzia delle Entrate precisa che è non è previsto l’invio di nuove comunicazioni.

Il controllo automatizzato delle dichiarazioni (art. 36-bis, D.P.R. n. 600/1973 e art. 54-bis, D.P.R.  n. 633/1972), rientra tra le metodologie di verifica sulla regolarità degli adempimenti posti in essere dai contribuenti. Nello specifico, l’Agenzia delle Entrate, attraverso procedure automatizzate, sulla base degli elementi direttamente riscontrabili dalle dichiarazioni presentate e dalle informazioni presenti nell’Anagrafe tributaria, effettua specifici controlli per correggere gli errori materiali e di calcolo commessi nella compilazione delle dichiarazioni. I controlli automatizzati verificano che le imposte indicate in dichiarazione siano state correttamente liquidate e che i relativi versamenti siano stati effettuati tempestivamente e in misura congrua. Se dai controlli automatizzati emerge un’imposta o una maggiore imposta dovuta, l’esito della liquidazione è comunicato al contribuente o all’intermediario che ha trasmesso la dichiarazione. Non si tratta un tipico atto impositivo vero e proprio, ma di un invito a fornire chiarimenti e a sanare le irregolarità riscontrate, per evitare la successiva iscrizione a ruolo delle somme dovute. Entro 30 giorni dalla comunicazione delle irregolarità (90 giorni in caso di avviso telematico), il contribuente può regolarizzare la propria posizione versando la somma richiesta, con le sanzioni ridotte ad un terzo, oppure può chiedere il riesame degli esiti segnalando all’Agenzia delle entrate gli elementi non considerati o erroneamente valutati in fase di liquidazione. In caso di mancato pagamento entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione originaria (90 giorni in caso di avviso telematico), le somme dovute, senza riduzione delle sanzioni, sono iscritte a ruolo (art. 2, co. 2, D.L.gs n. 462/1997).  

La circolare in oggetto stabilisce che possono essere oggetto di definizione agevolata le somme dovute a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni per i periodi d’imposta 2019, 2020 e 2021 (art. 1, co. 153, L. n. 197/2022), richieste al contribuente a seguito delle comunicazioni di irregolarità. La misura prevede una riduzione dal 10 al 3% delle sanzioni dovute sulle imposte non versate o versate in ritardo. In particolare, rientrano nel perimetro dell’agevolazione le comunicazioni per le quali il termine di pagamento non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2023 (1° gennaio 2023), ossia le comunicazioni già recapitate per le quali, alla stessa data, non è ancora scaduto il termine di 30 giorni (90 giorni in caso di avviso telematico) per il pagamento delle somme dovute o della prima rata e le comunicazioni recapitate dopo il 1° gennaio 2023. Per effetto della definizione agevolata, le imposte, i contributi previdenziali, gli interessi e le somme aggiuntive sono dovuti per intero, mentre le sanzioni sono ricalcolate nella misura del 3% delle imposte non versate o versate in ritardo. 

Il pagamento delle somme (art. 1 co. 154, L. n. 197/2022) dovute deve avvenire secondo le modalità e i termini stabiliti dagli articoli 2 (per il pagamento in unica soluzione) e 3-bis (per il pagamento in forma rateale) del D.Lgs. n. 462 del 1997. Pertanto, per beneficiare della definizione agevolata, è necessario che le somme dovute, con sanzioni ridotte al 3 per cento, siano versate, in unica soluzione, entro 30 giorni (90 giorni in caso di avviso telematico) dal ricevimento della comunicazione originaria o della comunicazione definitiva contenente la rideterminazione degli esiti. In caso di opzione per il pagamento rateale, la prima rata deve essere versata entro il predetto termine di 30 (o 90) giorni e le rate diverse dalla prima devono essere versate entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre successivo, con i relativi interessi di rateazione. 

Come precisato dalla circolare, la definizione si applica anche nelle ipotesi di lieve inadempimento previste dall’articolo 15-ter del D.P.R. n. 602/1973 (ritardo non superiore a sette giorni nel versamento delle somme dovute o della prima rata; carenza per una frazione non superiore al 3 per cento e, in ogni caso, a 10.000 euro nel versamento delle somme dovute o di una rata; tardivo versamento di una rata diversa dalla prima entro il termine di versamento della rata successiva), salva l’applicazione delle sanzioni per la carenza e/o il ritardo. In caso di omesso o tardivo pagamento delle somme dovute, oltre i limiti del lieve inadempimento, la definizione non produce effetti e si applicano le ordinarie disposizioni in materia di sanzioni e riscossione. Si procede, quindi, all’iscrizione a ruolo delle somme dovute, con sanzioni calcolate nella misura piena (art. 13, D.L.gs. n. 471/1997).

Ammesse anche le rateazioni regolarmente intraprese in anni precedenti (art.1, co. 155, L. n. 197/2022) a prescindere dal periodo d’imposta, per le quali, al 1° gennaio 2023 (data di entrata in vigore della legge di bilancio 2023), non si è verificata alcuna causa di decadenza (art. 15-ter, DPR n. 602/1973). In questo caso, l’agevolazione consiste nella rideterminazione delle sanzioni in misura pari al 3% dell’imposta (non versata o versata in ritardo) che residua dopo aver considerato i versamenti rateali eseguiti fino al 31 dicembre 2022. Pertanto, la definizione agevolata si realizza con il pagamento degli importi residui a titolo di imposte, contributi previdenziali, interessi e somme aggiuntive, nonché con il pagamento delle sanzioni calcolate nella misura del 3 per cento delle residue imposte non versate o versate in ritardo. 

L’art. 1 co. 156 della L. n. 197/2022 prevede il pagamento rateale delle somme dovute. Condizione necessaria per beneficiare della riduzione sanzionatoria è che il pagamento rateale prosegua, senza soluzione di continuità, secondo le scadenze previste dall’originario piano di rateazione, ovvero, nei casi di importo originario non superiore a 5.000 euro, usufruendo dell’estensione fino a venti rate. In caso di mancato pagamento, anche parziale, alle prescritte scadenze, tale da determinare la decadenza dalla rateazione, la definizione agevolata non produce alcun effetto e si applicano le ordinarie disposizioni in materia di sanzioni e riscossione. 

In merito alla rateazione delle somme dovute a seguito di controlli automatizzati e formali delle dichiarazioni si precisa che la Legge di bilancio 2023 (art. 1, co. 159, L. n. 197/2022) ha modificato la precedente disciplina (art. 3-bis, co. 1, D.L.gs. n. 462/1997) prevedendo che il contribuente possa sempre optare per il pagamento delle somme dovute fino a un numero massimo di 20 rate trimestrali di pari importo, rispetto alle 8 rate originariamente previste, a prescindere dall’ammontare dei debiti stessi. Questa agevolazione si applica, oltre che alle rateazioni non ancora iniziate, anche a tutte le rateazioni in corso al 1° gennaio 2023. Di conseguenza, tutti i piani rateali attualmente in corso relativi a debiti di importo non superiore a cinquemila euro possono essere estesi fino a un massimo di venti rate trimestrali. 

A titolo esemplificativo, e per tutte le casistiche sopra descritte, sono disponibili nella circolare concreti esempi di calcolo sulle possibilità offerte dalla norma.

Documenti IVA precompilati, estensione anche al 2023 e ampliamento dei soggetti destinatari

 

L’Agenzia delle entrate estende anche all’anno 2023 il periodo sperimentale di utilizzo dei documenti IVA precompilati e, nel contempo, amplia la platea dei soggetti destinatari dei documenti stessi (Agenzia delle entrate, provvedimento 12 gennaio 2023, n. 9652).

Come noto, a partire dalle operazioni IVA effettuate dal 1° luglio 2021, in via sperimentale, nell’ambito di un programma di assistenza on line basato sui dati delle operazioni acquisiti con le fatture elettroniche e con le comunicazioni delle operazioni transfrontaliere nonché sui dati dei corrispettivi acquisiti telematicamente, l’Agenzia delle entrate ha messo a disposizione dei soggetti passivi dell’IVA residenti e stabiliti in Italia, nell’area riservata del sito internet dell’Agenzia stessa, in un’apposita sezione, le bozze dei registri IVA e le bozze delle comunicazioni delle liquidazioni periodiche dell’IVA.

 

Con il provvedimento in oggetto il periodo di sperimentazione viene esteso anche alle operazioni effettuate nel 2023.

 

L’Agenzia, inoltre, amplia la platea dei soggetti destinatari dei documenti IVA precompilati nel periodo sperimentale. Pertanto, a partire dai registri IVA e dalle comunicazioni delle liquidazioni periodiche relativi all’ultimo trimestre 2022 e dalla dichiarazione IVA annuale relativa al periodo d’imposta 2022, le bozze dei documenti IVA sono messe a disposizione, oltre che dei soggetti indicati al punto 3 del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate n. 183994/2021, anche dei seguenti:

 

a) soggetti che effettuano la liquidazione trimestrale dell’IVA ai sensi dell’articolo 74, comma 4, del decreto IVA;

 

b) soggetti per i quali nell’anno di riferimento è stato dichiarato il fallimento o la liquidazione coatta amministrativa;

 

c) soggetti che applicano specifici metodi di determinazione dell’IVA ammessa in detrazione, come i produttori agricoli o coloro che svolgono le attività agricole connesse, le aziende di agriturismo o le associazioni operanti in agricoltura, le aziende di enoturismo, le aziende oleoturistiche.

 

Al fine di consentire ai soggetti IVA e ai loro intermediari di consultare le bozze dei documenti IVA elaborati, importarle nei propri sistemi e confrontarle con i dati presenti nei propri sistemi gestionali, anche nel caso in cui gli stessi non abbiano effettuato la convalida o l’integrazione dei registri dell’intero anno d’imposta, a partire dalle operazioni effettuate dal 1° gennaio 2022, l’Agenzia provvede all’elaborazione della bozza della dichiarazione annuale IVA e alla messa a disposizione di una funzionalità per il pagamento delle somme risultanti dalla dichiarazione annuale inviata tramite applicativo web, per tutti i soggetti appartenenti alla platea nell’anno di riferimento.

 

Per le stesse finalità, a partire dal 2023, le bozze delle comunicazioni delle liquidazioni periodiche e il servizio per il pagamento delle relative somme dovute, saranno messe a disposizione di tutti i soggetti inclusi nella platea dei destinatari delle bozze dei documenti IVA, anche nel caso in cui gli stessi non abbiano effettuato la convalida o l’integrazione di tutti i registri IVA relativi al trimestre di riferimento.

 

Sono confermate le modalità di accesso all’applicativo web, le regole tecniche per l’elaborazione delle bozze dei documenti IVA, le modalità e i termini per la convalida dei registri e le connesse condizioni per la memorizzazione dei registri convalidati da parte dell’Agenzia delle entrate, nonché le ipotesi in cui il soggetto rimane obbligato alla tenuta dei registri IVA così come già disciplinate nel citato provvedimento n. 183994/2021.

Prezzo dei carburanti: in arrivo il decreto sulla trasparenza

Approvato dal Consiglio dei ministri un decreto-legge che introduce disposizioni urgenti in materia di trasparenza dei prezzi dei carburanti e di rafforzamento dei poteri di controllo e sanzionatori del Garante prezzi (Presidenza del Consiglio dei ministri, comunicato 10 gennaio 2023, n. 15).

Il decreto in oggetto è stato approvato dal Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente Giorgia Meloni, del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro delle imprese e del made in Italy, nella seduta del 10 gennaio 2023.

 

In riferimento ai buoni benzina ceduti dai datori di lavoro privati ai lavoratori dipendenti nel periodo gennaio-marzo 2023, si precisa che il valore degli stessi non concorre alla formazione del reddito da lavoro dipendente, nel limite di 200 euro per lavoratore.

 

E’ introdotto l’obbligo per gli esercenti l’attività di vendita al pubblico di carburante per autotrazione per uso civile di comunicare quotidianamente il prezzo di vendita praticato. Il Ministero delle imprese calcola e pubblica il prezzo medio giornaliero nazionale. Tale prezzo deve essere esposto, con specifica evidenza, da parte degli esercenti insieme al prezzo da essi praticato. 

 

Previsto il rafforzamento delle sanzioni amministrative laddove si verifichi la violazione, da parte degli esercenti, dei predetti obblighi di comunicazione e pubblicità dei prezzi e, in caso di recidiva, si può arrivare fino alla sospensione dell’attività per un periodo da 7 a 90 giorni.

 

Si intensificano i collegamenti tra il Garante prezzi e l’Antitrust, per sorvegliare e reprimere sul nascere condotte speculative. Allo stesso fine, si irrobustisce la collaborazione tra Garante e Guardia di Finanza.

 

Viene disposta l’istituzione di una Commissione di allerta rapida per la sorveglianza dei prezzi finalizzata ad analizzare – nel confronto con le parti – le ragioni dei turbamenti e definire le iniziative di intervento urgenti.